Nel 1952

Carl Gustav Jung

pubblicò un’opera in cui parlava della teoria della sincronicità.

Ovvero quel concetto che sostiene che la maggior parte degli eventi della nostra vita

hanno un significato preciso e accadono per una ragione.

Che nulla accade per caso.

Secondo la teoria della sincronicità di Jung,

nessun avvenimento è un fatto accidentale ma la nostra vita

è costellata di un insieme di coincidenze.

O meglio quelle che noi siamo abituati a considerare coincidenze

ma che nella realtà non lo sono affatto.

Secondo la teoria della sincronicità,

la coincidenza non esiste: si tratta di coincidenze non casuali.

La maggior parte degli eventi sincronici che avvengono nelle nostre vite

rappresentano un messaggio,

un segnale che ci indica la strada da percorrere. 

Nel dare la sua definizione di sincronicità,

Jung spiegò che le coincidenze sono sequenze accidentali,

tra loro collegate,

di eventi insoliti.

Le coincidenze si verificano spesso ma non sempre assumono un significato preciso.

L’originalità del contribuito di Jung consiste nel presupposto

che l’inconscio non sia solo un magazzino personale

ma un magazzino psichico del genere umano.

È quello che Jung definì “inconscio collettivo”

ovvero una raccolta di simboli che condividiamo con gli altri esseri umani

e dei quali siamo all’oscuro.

Le coincidenze sono il prodotto di questi elementi presenti nell’inconscio collettivo

che ci portano a rapportarci e a vivere esperienze con gli altri, ricche di significato.

 

Io credo fermamente nella sincronicità.

Ci credo talmente tanto che la vedo anche negli

avvenimenti che mi raccontano gli altri.

In questo periodo mi sta travolgendo e ogni giorno,

nella mia vita,

c’è qualcosa di sincronico

che mi ricorda quanto Jung avesse ragione.